Quello che avete appena ascoltato infatti in cinematografia si chiama “acusma”, un sonoro che lascia spazio all'immaginazione. La registrazione di un atto incendiario risalente al 15 settembre del 2014: si odono gli attentatori individuare un escavatore, preso di mira per darlo alle fiamme. Poi si sente la deflagrazione in diretta con il conseguente incendio del mezzo. È questo solo uno degli innumerevoli episodi analizzati dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo nell'ambito dell'operazione denominata Montagna, tesa a decapitare i mandamenti di Sciacca e Santa Elisabetta e ad azzerare una quindicina di famiglie mafiose situate in tutta la provincia di Agrigento. Operazione culminata ieri con una sessantina di provvedimenti cautelari, spiccati al culmine di numerose perquisizioni effettuate dai carabinieri del Comando Provinciale di Agrigento. Perquisizioni nel corso delle quali sono stati sequestrati ad alcuni appartenenti al sodalizio oltre 500.000,00 euro in contanti, ritenuti provento delle illecite attività. Quasi la metà la somma sequestrata al boss di Bivona Giuseppe Luciano Spoto. 49 mila euro la cifra sottratta al saccense Domenico Maniscalco, il 52enne saccense destinatario di un ordine di custodia cautelare in carcere come l'altro saccense, il boss Salvatore Di Gangi, che ha ricevuto il provvedimento in carcere dove si trova dalla scorsa estate. Gli inquirenti hanno ridisegnato l'organigramma mafioso sul territorio provinciale. Il capo sarebbe stato Francesco Fragapane, già capo della famiglia di Santa Elisabetta. La DDA lo considera il coordinatore delle attività illecite degli altri affiliati e capi famiglia di San Biagio Platani, Cammarata, San Giovani Gemini, Santa Elisabetta, Sant’Angelo Muxaro, Casteltermini, Favara e Raffadali. Fragapane si sarebbe occupato della riscossione delle estorsioni ad aziende ed esercizi commerciali, delle problematiche relative ai componenti del mandamento (fra cui il sostentamento dei detenuti e dei loro nuclei familiari). Gli altri capifamiglia rendevano conto a lui. E sullo sfondo c'è anche un rapporto, su cui le indagini sono tuttora in corso, con alcune 'ndrine calabresi. A suscitare particolare attenzione è stato il coinvolgimento nell'operazione Montagna del sindaco di San Biagio Platani Santino Sabella, che avrebbe avuto rapporti col capomafia del suo paese Giuseppe Nugara. Quest'ultimo è accusato di avere controllato illecitamente le attività economiche del territorio attraverso l’imposizione delle macchine da gioco agli esercizi pubblici. Fragapane il capo, Nugara il suo diretto referente, e poi: Giuseppe Luciano Spoto di Bivona, Calogerino Giambrone di Cammarata, Pasquale Fanara di Favara e Antonino Vizzi di Raffadali. Tutti accusati di aver fatto parte, in concorso tra loro ed unitamente ad altre persone dell’associazione per delinquere denominata “Cosa Nostra”, promuovendone, organizzandone e dirigendone le relative illecite attività e per essersi, insieme, avvalsi della forza di intimidazione del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento ed omertà che ne deriva, per commettere delitti contro la vita, l’incolumità individuale, la libertà personale e il patrimonio, per acquisire in modo diretto o indiretto la gestione o, comunque, il controllo di attività economiche, di concessioni, di autorizzazioni, di appalti e servizi pubblici, per riscuotere somme di denaro a titolo estorsivo ad imprese ed esercizi commerciali operanti nel territorio controllato, per realizzare profitti e vantaggi ingiusti per sé e gli altri, per intervenire sulle istituzioni e la pubblica amministrazione, contribuendo anche a individuare nuovi adepti o soggetti da avvicinare all’associazione mafiosa.