hanno "implementato le capacità relazionali sostituendo l'uso della violenza, sempre più residuale ma mai ripudiato, con strategie di silenziosa infiltrazione e con azioni corruttive". E' quanto si legge nella Relazione della Direzione investigativa antimafia al Parlamento e relativa all'attività svolta nei primi sei mesi del 2023. "Oggi le mafie preferiscono rivolgere le proprie attenzioni ad ambiti affaristico-imprenditoriali, approfittando degli ingenti capitali accumulati con le attività illecite". "Il Piano nazionale di ripresa e resilienza - si legge nella relazione della Dia - rappresenta un importante pacchetto di investimenti e riforme attualmente in corso di implementazione. A causa dell'alto valore complessivo dei finanziamenti coinvolti, sussiste il rischio che le organizzazioni mafiose possano manifestare interesse per tali fondi, aumentando il fenomeno di infiltrazione nell'economia legale". L'uso della tecnologia assume un ruolo determinante per l'attività illecita delle organizzazioni criminali che, con sempre maggiore frequenza, utilizzano i sistemi di comunicazione crittografata, le molteplici applicazioni di messaggistica istantanea e i social". "Dagli esiti delle indagini concluse nel semestre, emerge come la principale fonte di redditività dei cartelli criminali, a livello transnazionale, continui ad essere il traffico di sostanze stupefacenti a volte gestito - viene sottolineato - mediante nuovi modelli organizzativi capaci di sfruttare il web, soprattutto nella fase dello smercio". Oltre 29 milioni di beni sequestrati e quasi 130 milioni di beni confiscati. Nel dettaglio, circa due milioni di euro sono stati sequestrati alla criminalità organizzata siciliana. Quanto alle confische, il valore dei beni sequestrati alla criminalità siciliana sfiora i 100 milioni. Nella provincia di Agrigento si conferma la coesistenza di cosa nostra e della stidda, due realtà mafiose storicamente radicate nel territorio, sempre pronte all’individuazione e spartizione delle attività criminali da perpetrare sul territorio. In particolare, il Procuratore della Repubblica di Palermo afferma che “oggi registriamo la nuova presenza di esponenti della vecchia organizzazione criminale e di nuovi soggetti che si avvicinano al fenomeno «stiddaro» per ricostruire un’organizzazione in qualche modo dialogante con cosa nostra”. Cosa nostra agrigentina, basata sulla storica suddivisione mandamentale (risulterebbero 7 mandamenti: Agrigento, Burgio, Santa Margherita Belice, Santa Elisabetta, Cianciana, Canicattì e Palma di Montechiaro, nel cui ambito opererebbero 42 famiglie) e ancorata alle tradizionali regole mafiose, continua comunque a rivestire un ruolo di supremazia sul territorio, in connessione con le omologhe articolazioni mafiose catanesi, nissene, palermitane, trapanesi e di oltreoceano. Nell’ambito della criminalità mafiosa, contrasti potrebbero derivare dal ritorno in libertà di anziani e carismatici uomini d’onore pronti a ripristinare il loro vecchio potere. Sul fronte della prevenzione amministrativa è stata sviluppata una considerevole sinergia istituzionale che ha permesso al Prefetto di Agrigento di emettere nel primo semestre dello scorso anno 8 provvedimenti antimafia interdittivi nei confronti di altrettante imprese. Infine, nel corso del tempo sul territorio della provincia agrigentina è stata riscontrata la presenza di sodalizi stranieri, per lo più maghrebini, egiziani e rumeni, “tollerati” dalla mafia in quanto dediti a illeciti non di diretto interesse mafioso quali il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, il riciclaggio di materiale ferroso, lo sfruttamento della prostituzione e lo spaccio al dettaglio di stupefacenti.