che dispone il divieto di esercitare attività imprenditoriali e professionali ovvero di ricoprire uffici direttivi di persone giuridiche o imprese è stata notificata da Finanzieri del nucleo di Polizia economico-finanziaria di Palermo e della compagnia di Sciacca a sei indagati. I reati ipotizzati, a vario titolo, sono associazione per delinquere, bancarotta fraudolenta, riciclaggio, autoriciclaggio, corruzione e tentata truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche. Con lo stesso provvedimento il gip ha disposto il sequestro di beni per complessivi 30 milioni circa di euro tra disponibilità finanziarie e tre società del settore immobiliare, due delle quali proprietarie della struttura turistico-alberghiera “Torre Macauda”, di Sciacca, in provincia di Agrigento.
Le misure cautelari sono scattate nei confronti di Luigi Vantaggiato, 71 anni, imprenditore di Foggia; Maurizio Lupo, 64 anni, imprenditore palermitano; Francesco Corvelli, 69 anni, imprenditore di Foggia; Anna Maria Lo Muzio, 70 anni, imprenditrice di Foggia; Fabrizio Morabito, 57 anni, avvocato trapanese; Francesco Donа Delle Rose, 51 anni, imprenditore romano. Il gip del tribunale di Palermo Carmen Salustro ha disposto nei loro confronti misure interdittive per un periodo compreso tra i sei e i dodici mesi. I loro nomi erano già comparsi nel 2021 a margine di alcune perquisizioni disposte dalla Procura di Palermo. Le indagini inizialmente erano indirizzate su presunte infiltrazioni della famiglia mafiosa di Sciacca. Oggi, invece, non si parla più di mafia ma di complesse e funamboliche operazioni finanziarie.
Al centro dell’inchiesta, coordinata dalla procura di Palermo guidata da Maurizio De Lucia e dai sostituti Piero Padova e Francesca Dessì, ci sarebbero il “fallimento pilotato” della struttura alberghiera Torre Macauda, bene confiscato a suo tempo all’imprenditore Giuseppe Montalbano. Per gli inquirenti il gruppo imprenditoriale, grazie all’accordo con dirigenti e consulenti dell’ex Banco di Sicilia oggi Unicredit, avrebbe riacquisito la stessa struttura ricettiva che, nel frattempo, era stata messa in vendita mediante asta esecutiva. Il primo passo – ipotizzano i magistrati – è stato compiuto con l’acquisto di di un credito (per circa 28 milioni di euro) vantato dallo stesso istituto bancario nei confronti del gruppo imprenditoriale proprietario del complesso turistico, a fronte del pagamento di soli 4 milioni di euro, utilizzando al riguardo i fondi sottratti alle società fallite. Il passo successivo è stato il “riacquisto” della struttura ricettiva, in sede di asta esecutiva, a fronte di un’offerta di circa 8 milioni di euro che il soggetto giuridico aggiudicatario, sempre riconducibile allo stesso gruppo imprenditoriale, non avrebbe interamente pagato all’istituto bancario.
In quest'ottica il gip ha disposto il sequestro di tre società: Libertа Immmobiliare srl, Travel on Demand, Crm Servizi srl. Scrive il giudice: “nonostante le operazioni bancarie fossero connotate da sicuri indici di anomalia, sia sotto il profilo soggettivo, sia sotto quello oggettivo non venivano in alcun modo segnalate come sospette, così come invece avrebbe dovuto essere fatto in ossequio a quanto previsto dal d.lgs. 231/2007”. Nell’inchiesta, inoltre, vengono contestati anche i reati di tentata truffa ai danni dello Stato e la corruzione di un pubblico ufficiale. Nel primo caso si sarebbe cercato di accaparrarsi un finanziamento pubblico destinato allo sviluppo delle attività ricettive, di circa 1,8 milioni di euro. Il secondo caso, invece, il pubblico ufficiale – in cambio dell’assunzione del figlio – avrebbe favorito un imprenditore nei lavori di rifacimento e messa in sicurezza di un costone roccioso franato, ricadente all’interno del complesso turistico-alberghiero.
Le indagini della Guardia di finanza avrebbero accertato operazioni finanziarie finalizzate alla distrazione di ingenti disponibilità delle società che nel tempo avevano detenuto la proprietà del complesso alberghiero, sino a causarne il dissesto e il successivo fallimento. Secondo l'accusa, "con un articolato schema di riciclaggio, che sarebbe stato concordato tra gli imprenditori indagati e dirigenti e consulenti di un istituto di credito nazionale, gli indagati avrebbero riacquisito la stessa struttura ricettiva che, nel frattempo, era stata messa in vendita mediante asta esecutiva". In una prima fase sarebbe stato acquisito un credito, per circa 28 milioni di euro, vantato dalla banca nei confronti del gruppo imprenditoriale proprietario del complesso turistico, a fronte del pagamento di soli 4 milioni di euro, utilizzando fondi sottratti alle società fallite. In una seconda fase, la struttura ricettiva sarebbe stata riacquistata, in sede di asta esecutiva, a fronte di un’offerta di circa 8 milioni di euro che il soggetto giuridico aggiudicatario, sempre riconducibile allo stesso gruppo imprenditoriale, non avrebbe interamente pagato alla banca. In quest’ultimo caso, ritiene la Procura, "sarebbe stato determinante il ruolo di importanti dirigenti bancari che avrebbero falsamente attestato l’avvenuto pagamento nella dichiarazione di quietanza necessaria all’emissione, da parte del giudice dell’esecuzione, del “decreto di trasferimento” del complesso turistico"