tra le dieci persone arrestate oggi dalla Polizia di Trapani e Palermo nell'ambito di una operazione antimafia coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo. L'accusa nei confronti dell'ex parlamentare è di scambio elettorale politico-mafioso che sarebbe stato organizzato in occasione delle elezioni regionali siciliane del 2022 in favore di un candidato di Alcamo, coordinatore provinciale del movimento politico «Via», con l’appoggio di Papania, ispiratore del movimento e promotore, secondo l'accusa, di una richiesta di voti alla famiglia mafiosa. In carcere anche l’ex vice sindaco di Alcamo, Pasquale Perricone, 69 anni, ritenuto l’intermediario fra Papania e il clan mafioso di Alcamo. Gli altri indagati, tutti residenti nel trapanese, sono: Savio Gregorio Ascari, 55 anni; Giorgio Benenati, 56 anni; Francesco Coppola, 64 anni; Giosuè Di Gregorio, 54 anni; Salvatore Li Bassi, 66 anni; Antonino Minio, 53 anni; Giuseppe Pipitone, 61 anni e Giuseppe Sciacchitano, 49 anni. Sono tutti accusati, a vario titolo, di associazione a delinquere di stampo mafioso, scambio elettorale politico mafioso, estorsione e spaccio di stupefacenti aggravati dal metodo e dall'agevolazione mafiosa, nonché traffico di influenze, violazione di segreto d'ufficio e porto e detenzione illegale di armi. Tutto sarebbe partito da una prima inchiesta iniziata a maggio del 2021. L'indagine avrebbe consentito di documentare gli assetti e il rinnovato dinamismo criminale delle "famiglie" mafiose di Alcamo e Calatafimi, in seguito all'arresto dei numerosi esponenti storicamente al vertice di questi clan. Sono state ricostruite estorsioni, alcune consumate, altre solo tentate, ai danni di imprenditori locali, tra i quali un imprenditore di Castellammare del Golfo, con interessi nel settore della distribuzione alimentare e del mercato immobiliare, e due imprenditori alcamesi attivi nel settore dell'edilizia, del movimento terra e della commercializzazione di autovetture. Le vittime sarebbero state minacciate di ritorsioni se non avessero versato, nelle mani di un uomo di fiducia del capo famiglia alcamese, la somma di 50 mila euro. Da quanto si apprende, anche il titolare di un maneggio sarebbe stato vittima degli indagati. E un buttafuori trapanese sarebbe stato costretto ad abbandonare il proprio impiego in un esercizio commerciale per fare assumere il figlio di un noto pregiudicato del posto, destinatario del provvedimento cautelare. L’inchiesta ha svelato, infine, gli affari della droga, in accordo con grossisti albanesi e la disponibilità di armi.