una spedizione punitiva culminata con la morte del trentottenne di Palma di Montechiaro Roberto Di Falco. Uno dei tre indagati finiti in carcere per questi fatti – Calogero Zarbo, 41 anni – ha reso dichiarazioni al pubblico ministero indicando il luogo esatto in cui era nascosta la pistola utilizzata quel drammatico giorno. Un mistero che durava da nove mesi. La pistola, una semiautomatica calibro 9 con matricola abrasa, è già stata sequestrata dalla Squadra mobile di Agrigento. L’arma, così come disposto dal pm Gaspare Bentivegna, sarà sottoposta ad accertamenti irripetibili il prossimo 26 novembre presso i laboratori della polizia scientifica di Catania. La difesa di Zarbo, rappresentata dall’avvocato Antonio Impellizzeri, ha già chiesto e ottenuto dal gip Giuseppe Miceli la sostituzione della custodia in carcere con quella meno afflittiva dei domiciliari con obbligo di braccialetto elettronico proprio alla luce del contributo fornito. Una vicenda complicata così come il suo iter giudiziario. Ai tre indagati – Angelo Di Falco, 39 anni, fratello della vittima, Domenico Avanzato, 36 anni, e Calogero Zarbo, 41 anni – vengono contestati gravi reati: tentato omicidio, porto abusivo di arma da fuoco e soprattutto una particolare fattispecie di omicidio, quello “per errore”. I fatti risalgono allo scorso 23 febbraio quando quattro palmesi avrebbero compiuto quella che gli inquirenti ritengono una spedizione punitiva nei confronti di Lillo Zambuto, titolare della concessionaria “AutoXPassione” al Villaggio Mosè. Alla base della spedizione punitiva nei confronti del rivenditore di auto, aggredito nel piazzale della concessionaria, il pagamento di un’auto con un assegno risultato poi scoperto. Durante quei concitati momenti, ripresi in gran parte dalle telecamere, viene estratta una pistola da cui parte un colpo che ferisce mortalmente proprio Roberto Di Falco. Per la Procura di Agrigento a premere il grilletto è stata la stessa vittima dopo che Zambuto, come dichiarato dallo stesso, era riuscito con una mossa imparata durante il servizio militare a girare la canna dell’arma verso il suo aggressore. Il tribunale del Riesame, accogliendo parzialmente il ricorso degli avvocati Giovanni Castronovo, Santo Lucia, Antonino Ragusa, Antonio Impellizzeri e Giuseppe Barba, ha annullato questa specifica contestazione: pur condividendo pienamente la ricostruzione storica degli avvenimenti, ritiene sostanzialmente inidonea la formulazione del capo di imputazione e, in particolare, la sussistenza della fattispecie di omicidio per errore. Una valutazione che riguarda più la forma che il merito. La procura di Agrigento, tre mesi fa, ha chiuso le indagini insistendo sulla tesi originaria: fu un omicidio per errore. Adesso una nuova svolta nell’inchiesta.