richieste lo scorso luglio dalla Dda di Palermo e disposte dal tribunale nei confronti di quattro degli indagati coinvolti nell'inchiesta sulla presunta riorganizzazione della famiglia mafiosa di Sciacca. Lo ha deciso la Suprema Corte di Cassazione respingendo le istanze di revoca della detenzione in carcere a carico di Domenico Friscia, sessantunenne considerato dagli inquirenti a tutti gli effetti il nuovo capomafia di Sciacca, avendo "ereditato" - per così dire - il ruolo dal defunto Salvatore Di Gangi, e dell'imprenditore edile Michele Russo, di 45 anni. Friscia era già finito sotto la lente d'ingrandimento dell'antimafia ventun anni fa, nell'ambito dell'inchiesta denominata "Itaca", per poi essere coinvolto nella più recente indagine "Opuntia", tirato in ballo in quel caso dal menfitano Vito Bucceri, diventato poi collaboratore di giustizia.
La vicenda oggetto dell'ultima indagine è quella in cui si inquadra anche la presunta ascesa di Friscia al vertice mafioso di Sciacca che, secondo gli inquirenti, si è caratterizzata anche per una sorta di competizione tutta interna con Domenico Maniscalco per l'assunzione del ruolo di boss. Competizione nella quale sarebbe stato proprio Friscia a prevalere. Nel frattempo Maniscalco, anche lui arrestato lo scorso luglio, è morto nelle settimane scorse all'interno della cella del carcere di Voghera. Friscia è accusato di associazione mafiosa, mentre a Russo viene contestato il reato di partecipazione nell'associazione mafiosa.
Misure cautelari degli arresti domiciliari confermate dalla Cassazione anche per altri due indagati, entrambi accusati di scambio elettorale politico-mafioso. Si tratta di Vittorio Di Natale, ex consigliere comunale, e di Rosario Catanzaro, di 65 anni. Secondo la ricostruzione della Direzione distrettuale antimafia, la consorteria saccense avrebbe tentato di condizionare l’andamento delle elezioni nel 2022. Secondo l'accusa il boss Friscia avrebbe incontrato Di Natale, che nel 2022 si candidò con la lista civica Onda. Di Natale che comunque non fu eletto. A favorire quell'incontro sarebbe stato Rosario Catanzaro.
Nei giorni scorsi la Dda aveva notificato l'avviso di conclusione delle indagini agli indagati. A questo punto è imminente la richesta di rinvio a giudizio nei confronti di nove persone, tutte coinvolte all'interno di un'indagine che ha esaminato un quadro che sarebbe composto a vario titolo da vicende da cui sono scaturite le ipotesi di reato di estorsione, illecita concorrenza ed usura per condizionare gli appalti pubblici oltre a scambi politico elettorali. Vicenda questa nella quale finì anche l'ex presidente del consiglio comunale di Ribera Vincenzo Costa il quale, ancorché non destinatario di alcun avviso di garanzia - come più volte precisò - è stato sostanzialmente costretto a dimettersi dalla sua carica.
L'avviso di conclusione delle indagini, oltre che per le persone per le quali la Cassazione ha respinto la richiesta di annullamento delle misure cautelari a cui sono sottoposti, è stato notificato anche all'imprenditore edile Giuseppe Marciante, all'ex responsabile della Protezione civile per la provincia di Agrigento Maurizio Costa (entrambi accusati di corruzione). Sono accusati di favoreggiamento infine Giuseppe Frangiamone, Michele Galluzzo, e Antonina Friscia.