Racalmuto nell'elenco dei beni sequestrati all'imprenditore agrigentino Calogero Romano. Un impero che vale 120 milioni di euro costruito, secondo la guardia di finanza del Nucleo di polizia economico-finanziaria di Palermo, grazie all'appoggio della mafia, in particolar modo dei boss Maurizio Di Gati e Giuseppe Falsone, a lungo considerati i capi della mafia provinciale.
Il provvedimento di sequestro della sezione Misure di prevenzione del Tribunale di Agrigento, su richiesta dei pubblici ministeri palermitani, riguarda una serie di aziende di varia natura, da quelle edili a quelle riguardanti le telecomunicazioni. Gli interessi economici di Romano spaziano, infatti, dalle imprese di costruzioni agli impianti di calcestruzzo, dalle agenzie immobiliari alle corse, fino ai lavori per la posa della fibra ottica che le sue imprese stanno piazzando a Palermo e Agrigento. Tutte le imprese, al momento, proseguiranno la loro attività in amministrazione giudiziaria. Nel 2016 Romano era stato già condannato a sei anni e mezzo di carcere per concorso esterno in associazione mafiosa.
Per un ventennio, fra il 1992 e il 2012, Romano avrebbe messo i suoi impianti di calcestruzzo a disposizione dei boss Maurizio Di Gati, Calogero e Ignazio Gagliardo. In cambio avrebbe ottenuto una corsia preferenziale nell'aggiudicazione delle commesse. Fu lui, per volere del capomafia Giuseppe Falsone, a fornire ad esempio il cemento alle aziende di Angelo Di Bella e Vincenzo Di Bella che costruirono il centro commerciale "Le Vigne."
A svelare il patto tra Romano e le famiglie di Cosa Nostra agrigentina è stato il pentito Maurizio Di Gati: "Si mise a disposizione per assumere personale indicato da noi. Gli accordi erano che saremmo stati soci occulti, sia nella ditta di fili elettrici sia nella società che doveva realizzare l'autodromo a Racalmuto. E avremmo diviso i guadagni". I finanzieri ritengono di avere trovato i riscontri alle accuse: dalle analisi è emerso un buco di 4 milioni euro, di cui non si conosce l'origine e che potrebbero essere i soldi versati dai soci mafiosi.
Del ricco patrimonio di Romano fanno parte anche ben 119 immobili, tra terreni ed abitazioni. Secondo i finanzieri, Romano avrebbe sovrafatturato le forniture in modo da creare i fondi neri necessari a sostenere la locale famiglia mafiosa.