del Comando Provinciale di Trapani ad avere dato esecuzione al decreto di confisca di beni, emesso dalla Sezione Misure di Prevenzione del tribunale, nei confronti di Rosario Scalia, 49enne di Partanna. Il provvedimento consiste in particolare nella confisca di beni per equivalente fino a 180.000 euro. Nello specifico si tratta di beni immobili, terreni, beni aziendali, conti correnti e depositi a risparmio. Le risultanze investigative scaturiscono in ordine alla sperequazione fra beni posseduti e reddito dichiarato da Scalia. Si tratta di un soggetto già condannato alla pena di anni 20 di reclusione (sentenza confermata in appello) per concorso nell’omicidio di Salvatore Lombardo, commesso a Partanna il 21 maggio di 15 anni fa. Scalia fu condannato perché, secondo l’accusa, avrebbe avuto il compito di informare il mandante dell’omicidio degli spostamenti del pastore. Lombardo sarebbe stato ucciso per avere rubato un furgone carico di merce del supermercato Despar gestito da un imprenditore ritenuto vicino a Matteo Messina Denaro.
Intanto proseguono a ritmo serrato le indagini della Dda alla ricerca dei favoreggiatori del boss, soprattutto tra gli operatori sanitari che, non solo per il tumore al colon di cui Messina Denaro era affetto, hanno avuto a che fare con lui. I medici agli inquirneti si difendono sostenendo che non sapevano che si trattasse di lui. È in questo ambito che assume rilevanza anche la notizia che il boss avrebbe usato ben 15 false identità: non solo Andrea Bonafede ma anche Giuseppe Giglio, Vito Accardo, Gaspare, Giuseppe, Renzo e Salvatore Bono. La procura ha chiesto agli ospedali Villa Sofia e Civico tutte le documentazioni sanitarie intestate ai 15 pazienti che si sospetta in realtà fossero Matteo Messina Denaro. D'altra parte più volte i magistrati hanno evidenziato che "nessun medico, operatore sanitario o anche semplice impiegato di segreteria che abbia avuto contatti con Messina Denaro Matteo ha ritenuto di proporsi volontariamente per riferire di essersi occupato, a qualsiasi titolo, del latitante".
Messina Denaro è morto da un anno, ma la rete di complicità e di connivenze attorno alla sua latitanza sarà ancora piuttosto a lungo tra le priorità investigative della magistratura. Perché non si può rimanere latitanti per trent'anni senza l'aiuto di qualcuno.