con l'accusa di frode in commercio, l'imprenditore saccense Michele Bono, titolare della società Bonolio, è stato assolto perché il fatto non sussiste. La procura della Repubblica di Sciacca aveva aperto un'indagine per contestare a Bono di avere spacciato olio tunisino per extravergine d'oliva italiano. Inoltre, una partita di olio prodotto dalla società saccense e destinato ai mercati nazionali fu sequestrata nel porto di La Spezia nel 2010, con analisi che avrebbero rivelato come si trattasse di olio lampante, ovvero non commestibile. La difesa di Bono ha però sempre contestato che le analisi su quell'olio furono fatte quattro mesi dopo il sequestro, e che le escursioni termiche a cui era stato sottoposto inevitabilmente lo modificarono chimicamente, sulla base di un'evoluzione naturale da conservazione inadeguata, non dipendente da volontà dolose. Certificazioni e consulenze tecniche hanno dunque dimostrato la linearità dell'azione svolta dall'azione. A rappresentare l'imprenditore sono stati gli avvocati Giovanni Lentini e Michele Russo.