Domenico Maniscalco, 53 anni, di Sciacca, coinvolto nel blitz antimafia denominato “Montagna”. I giudici del Tribunale del Riesame, infatti, hanno rigettato il ricorso della difesa di Maniscalco. Ordinanza di custodia cautelare confermata, quindi: la Cassazione, alla quale si erano rivolti i suoi difensori – ossia gli avvocati Giovanni Castronovo e Giovanni Aricò - aveva disposto un nuovo passaggio al Tribunale del Riesame per decidere l'eventuale scarcerazione del presunto affiliato, finito in carcere il 22 gennaio scorso nell'ambito dell'operazione antimafia "Montagna" che avrebbe delineato la geografia delle nuove famiglie di un ampio versante della provincia di Agrigento, in particolar modo quelle del versante nord, della Montagna.
Il provvedimento restrittivo, dunque, non è stato annullato, bensì confermato. II gip di Palermo, Filippo Serio, aveva disposto l'arresto di Maniscalco per associazione mafiosa, escludendo, invece, le due ipotesi di estorsione e tentata estorsione ai danni delle imprese Ferrara srl e Linera Costruzioni, che operano entrambe nel settore dell'attività edile. Sempre secondo il gip Filippo Serio e stando a quanto si legge dagli atti ufficiali dell'inchiesta, Maniscalco sarebbe stato arrestato perché si sarebbe messo a totale disposizione dell'organizzazione, avrebbe mantenuto i contatti e avrebbe partecipato a numerosi incontri e riunioni con altri membri dell'organizzazione, in particolare delle famiglie mafiose della provincia di Agrigento, tra le quali quelle di Favara, Cammarata e San Giovanni Gemini, e con quelli della famiglia di Polizzi Generosa Castellana, e ne avrebbe ricevuto benefici economici.
In carcere e al 41 bis, restano tutti i presunti capi delle famiglie mafiose della “Montagna”, ossia Francesco Fragapane, Calogero Giambrone, Pasquale Fanara, Giuseppe Spoto, Giuseppe Nugara e Antonio Vizzì.