E' questa la condanna inflitta nei confronti di Eugenio D'Orsi dai giudici del Tribunale di Agrigento secondo i quali l'ex presidente della provincia si sarebbe fatto dare quaranta palme da un vivaista, da piantare nella sua villa di Montaperto, in cambio di un appalto consistente nella vendita all'ente di tutte le piante dell'attività commerciale, prossima alla chiusura. La sentenza è stata emessa ieri pomeriggio nell'ambito di un processo che rappresenta una costola dell'inchiesta principale, quella che aveva portato Eugenio D'Orsi alla condanna a un anno di reclusione con l'accusa di avere ottenuto il rimborso di pranzi e cene senza che risultasse adeguatamente motivato il fine istituzionale. Per tutte le accuse principali, truffa, peculato, concussione e abuso d'ufficio, racchiusi in diversi filoni d'indagine, i giudici hanno deciso l'assoluzione ma l'appello della Procura non ha reso definitivo il verdetto. Per la vicenda delle palme, invece, inizialmente qualificata come peculato, il Tribunale aveva emesso una ordinanza con cui restituiva gli atti al Pubblico Ministero ritenendo che il fatto andasse inquadrato come corruzione per l'esercizio della funzione. Leggeremo le motivazioni della sentenza e la impugneremo, ha fatto sapere la difesa di D'Orsi che ha insistito a lungo sulla insussistenza dell'accusa di corruzione ritenendo che manchi la prova del collegamento funzionale tra le palme arrivate a casa di D'Orsi e l'acquisto delle piante da parte della Provincia. In Corte d'Appello sarà discusso anche il troncone principale del processo in cui l'ultimo presidente dell'allora provincia regionale di Agrigento, pur condannato a un anno di reclusione, è stato assolto da una trentina di capi d'imputazione.