è pronto ad impugnare davanti al Tribunale della Libertà il provvedimento restrittivo disposto dai magistrati della Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo e già ratificato dal Gip di Sciacca Rosario Di Gioia. Una ratifica che, tuttavia, ha un valore solo territoriale. Il carteggio infatti adesso è già all'esame del Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Palermo, competente su indagini di mafia, così come lo è la procura del capoluogo. Si attende che a pronunciarsi sia questo ufficio, dunque. Se anche da qui arriverà l'approvazione dell'operato della procura di Palermo il legale avanzerà istanza al Riesame.
Si riparte dalla autodifesa di Sutera davanti ai magistrati che lo accusano durante l'interrogatorio di convalida del fermo. Interrogatorio durante il quale “u profissuri” ha smentito di avere avuto l'intenzione di fuggire all'estero, nella fattispecie in Ungheria, motivando il contenuto delle relative intercettazioni solo con uno sfogo. Cose che si dicono, insomma. Non ha negato, tuttavia, Leo Sutera, taluni interessamenti per fare lavorare imprese e maestranze, chiarendo al contempo di averlo fatto solo sulla base di amicizie personali, che nulla hanno a che fare con le attività di Cosa nostra.
Organizzazione criminale che, sulla base di due condanne passate, Leo Sutera avrebbe già comandato a livello provinciale. Fin qui la posizione del boss. Eppure il fermo dello scorso 29 ottobre si inquadra, secondo i PM Alessia Sinatra, Claudio Camilleri e Geri Ferrara, si inquadra nell'ambito di un quadro accusatorio specifico secondo il quale il professore avrebbe ripreso le redini della mafia in provincia, tornando ad aggiustare appalti e ad imporre assunzioni di personale nel territorio compreso tra Santa Margherita e Sambuca di Sicilia, tornando così ad essere il capo del mandamento. Un ruolo che secondo le sentenze precedenti aveva già ricoperto almeno fino al 26 giugno di 6 anni fa, giorno dell'operazione “Nuova Cupola”, che azzerò i vertici mafiosi dell'intero territorio agrigentino.
A giudizio dei magistrati della DDA Leo Sutera si sarebbe attivato per far lavorare due suoi amici imprenditori al posto di un'impresa di Milano in un cantiere per la realizzazione di una quarantina di alloggi in località Saraceno, nel comune di Sambuca di Sicilia.
Su Sutera pende la spada di Damocle dei suoi rapporti personali con il superboss latitante Matteo Messina Denaro. Rapporti personali che secondo gli investigatori sarebbero talmente importanti da avergli permesso di acquisire un ruolo di primo piano all'interno di Cosa nostra. Ed è qui che si inseriscono anche i presunti contatti tra Sutera e Messina Denaro attraverso lo scambio dei famigerati “pizzini”, come rivelerebbe una foto scattata dagli inquirenti che ritrae “u profissuri” intento a leggere un foglio di carta.