è quanto ha richiesto il pubblico ministero della Dda di Palermo, Alessia Sinatra, nell'ambito del processo antimafia "Opuntia", nel troncone che riguarda il rito abbreviato a cui si sono affidati 6 indagati su 8. Di questi 6 imputati, 5 sono di Menfi e 1 di Sciacca. Ed è proprio il saccense, Domenico Friscia, 55 anni, a rischiare la pena più alta. Per lui la DDA di Palermo ha chiesto, infatti, 12 anni di reclusione. Per gli investigatori, Friscia sarebbe stato componente a tutti gli effetti della famiglia mafiosa di Sciacca, avrebbe partecipato ad incontri e gestito attività illecite. Queste le altre richieste: 10 anni e 8 mesi per il medico Pellegrino Scirica, di 63 anni; 10 anni per Vito Riggio, di 32 anni; 8 anni per Giuseppe Alesi, di 48 anni; 6 anni di reclusione per Cosimo Alesi, di 53 anni; 2 anni per il collaboratore di giustizia Vito Bucceri, di 46 anni, di Menfi, attorno al quale ruota buona parte dell'inchiesta.
La collaborazione di Bucceri risale all’estate del 2016, dopo la sua scarcerazione. Sul processo hanno avuto un peso di rilievo proprio le deposizioni di Vito Bucceri che avrebbe fatto nomi e ricostruzioni attendibili inerenti le famiglie mafiose di Menfi, Sciacca e del Belice. Il processo con rito abbreviato si svolge nell’aula bunker del Tribunale di Palermo e la sentenza è prevista per il prossimo 7 maggio, dopo le repliche dei legali difensori. L'altro troncone del processo, quello con rito ordinario, riguarda gli altri due imputati, ossia Matteo Mistretta, 32 anni, e Tommaso Gulotta, 52 anni, entrambi di Menfi e sarà celebrato presso il tribunale di Sciacca. Le indagini si sono avvalse di intercettazioni telefoniche attraverso le quali si dimostrerebbe, secondo l'accusa, come gli indagati avessero consapevolezza di far parte di un segmento nel più ampio contesto criminale di Cosa Nostra e si adoperassero per mantenerlo in vita. Le riunioni tra i sodali sarebbero avvenute all'interno di automobili, appartamenti o case di campagna nella disponibilità degli appartenenti all'organizzazione ed erano caratterizzate da rigidi controlli per cercare di evitare i controlli investigativi. L’operazione fu condotta dai Carabinieri della Compagnia di Sciacca, coordinati dal Comando Provinciale di Agrigento.