originario di Belmonte Mezzagno, l'ex ministro era "uomo d'onore", e sarebbe stato addirittura affiliato alla cosca di quello che il pentito ha definito “il suo paese in provincia di Agrigento, quello dove e' nato e dove e' cresciuto”. A rivelare il tutto è oggi l'edizione palermitana del quotidiano “La Repubblica”.
Il collaboratore di giustizia, dunque, non è stato nemmeno in grado di indicare in Sciacca il nome del paese di Mannino. Non sa nemmeno, evidentemente, che Mannino comunque non è nato a Sciacca ma ad Asmara, in Eritrea, ottant'anni fa. Dunque: cresciuto sì, ma nato no.
In ogni caso le dichiarazioni di Bisconti sono contenute in un verbale che è stato depositato nel processo-stralcio sulla trattativa Stato-mafia. Mannino è imputato di minaccia a corpo politico dello Stato, nell'ambito del processo d'appello. Vicenda per la quale, nello stralcio da lui richiesto con il procedimento di primo grado che si è svolto col rito abbreviato, era stato assolto.
Bisconti ha dichiarato ai magistrati di avere appreso le notizie su Mannino, da lui “per così dire” rivelate, da parte di altri due mafiosi: uno risponde al nome di Rosario Lo Bue, di Corleone, l'altro invece si chiama Carmelo Gariffo, nipote di Bernardo Provenzano. “Mi ha fatto un discorso simile”, ha detto Bisconti.
I verbali contenenti le dichiarazioni di Bisconti sono stati trasmessi dalla Dda ai pg Sergio Barbiera e Giuseppe Fici. Verbali nei quali si legge anche che nel 2004-2005, certamente prima del 4 settembre 2006, quando fu scarcerato, Bisconti commentava con altri una notizia su Mannino (probabilmente la condanna in appello dell'11 maggio 2004) e durante una passeggiata Lo Bue gli avrebbe detto che l'ex ministro aveva ben poco di che lamentarsi, visto che sarebbe stato uomo d'onore, facendo parte della famiglia mafiosa del suo paese, e che dunque avrebbe fatto bene a parlare di meno'.
Bisconti poi ha aggiunto di non ricordare se queste stesse informazioni gli furono date anche da Gariffo, il quale però gli avrebbe detto, a proposito dei legami tra mafia e politica, che avrebbe fatto richiamare Calogero Mannino dai suoi stessi paesani (riferendosi ai mafiosi di Sciacca). L'accusa a Mannino è di essere stato un riferimento politico "per appalti e finanziamenti pubblici, per motivi legati a interessi economici dei corleonesi e del geometra Pino Lipari, condannato più volte per mafia e referente di Provenzano”.
I giudici adesso si sono riservati di acquisire i verbali con le dichiarazioni di Bisconti. La sentenza d'appello è attesa per il 22 luglio.