constato di correre il rischio di finire nel tritacarne mediatico, pur non essendo in alcun modo coinvolto in una vicenda di cui non conosco nemmeno i contorni. Non sono massone e non sono iscritto a nessuna loggia massonica. Ribadisco di essere assolutamente sereno, considerata la mia totale estraneità alla vicenda in questione, e fiducioso nell’operato della magistratura. Ribadisco l’assoluto rispetto delle istituzioni, tanto da essermi già in precedenza autosospeso da componente della Commissione Regionale Antimafia”. Questa la difesa dell’onorevole Carmelo Pullara, capogruppo di Autonomisti e Popolari all’Ars, tirato in ballo, all'interno dell'inchiesta "Halycon", da alcune intercettazioni. Per Pullara, già menzionato anche nelle carte dell'inchiesta antimafia "Assedio" del mese scorso, si tratta della seconda batosta nel giro di poche settimane.
Di tutt'altro avviso, tra l'altro, sarebbero, invece, gli inquirenti secondo i quali Pullara sarebbe massone. Il parlamentare non è coinvolto nell'operazione "Halycon", ma, come sembrerebbe accertato dalla Polizia Giudiziaria, risulterebbe iscritto nelle liste della loggia massonica "Arnaldo da Brescia di Licata”, il cui maestro venerabile è quel Vito Lauria, 49enne, arrestato ieri. Tra i fermati pure Lucio Lutri, dipendente regionale, anch'egli maestro venerabile. Negli atti dell'inchiesta "Halycon", oltre a Pullara, spunterebbe pure il nome dell'ex sindaco Angelo Graci. Sia Pullara sia Graci avrebbero conosciuto uno degli arrestati, Giacomo Casa, consapevoli, secondo i pm, del suo ruolo mafioso. Graci si sarebbe recato in visita a Casa, rivendicando di aver fatto da tramite con Pullara, per il soddisfacimento delle esigenze lavorative dei figli dello stesso Casa. “L’episodio – scrivono i pm – offre una tangibile prova del radicato potere mafioso acquisito dalla famiglia di Licata, capace di tessere segreti rapporti con compiacenti esponenti politici". Per Claudio Fava, presidente della commissione regionale antimafia, si deve valutare «se aprire a settembre un'indagine sul rapporto fra massoneria, enti locali e amministrazione regionale, tenuto conto delle molte inchieste in corso in tutte le Dda siciliane». Per Fava, inoltre, «è urgente estendere l'obbligo di dichiarazione dell'appartenenza alla massoneria, già in vigore per legge per tutti i parlamentari siciliani, sindaci e consiglieri, anche ai funzionari e ai dirigenti della Regione».
Personaggio chiave dell'inchiesta, Giovanni Lauria, 79enne, che non appena uscito dal carcere dove ha scontato una precedente condanna definitiva per mafia, avrebbe cercato subito di riunificare il clan di Licata e di "stringere" rapporti con le logge massoniche locali e palermitane. Lauria era stato ritenuto il punto di riferimento dell'allora latitante e capo della mafia provinciale Giuseppe Falsone, arrestato poi a Marsiglia, per conto del quale trasmetteva messaggi e pizzini ai vertici palermitani.