dell’ospedale Maggiore del capoluogo emiliano aggredita quarantotto ore fa mentre stava lavorando. Ad aggredirla è stato il figlio di un paziente, coinvolto in un incidente stradale, al quale la professionista stava praticando una iniezione di antidolorifico. L’aggressore è un trentenne campano, il quale avendo sentito il padre lamentarsi per il dolore si sarebbe avventato contro l’infermiera, che ha riportato lividi e abrasioni dichiarati guaribili in 7 giorni. Allertati dai medici e dagli altri colleghi dell’infermiera, sul posto sono intervenuti i carabinieri e il 30enne è stato denunciato per interruzione di pubblico servizio. L’infermiera, regolarmente iscritta presso l’Ordine delle Professioni Infermieristiche di Agrigento, potrebbe a sua volta denunciarlo per le lesioni subite. Non è, quello ai danni dell’infermiera, il primo episodio di violenza che si verifica all’azienda Usl di Bologna. La Regione Emilia-Romagna sta operando ad un piano per la sicurezza. Ma è una storiaccia, di quelle a cui purtroppo siamo ormai abituati anche dalle nostre parti. Non è passato molto tempo dall’ultimo gravissimo episodio che ha riguardato un infermiere del pronto soccorso dell’ospedale Giovanni Paolo II di Sciacca, aggredito anche lui dal parente di un paziente. Vicenda, quest’ultima, che ha visto anche un sopralluogo sotto forma di blitz dello stesso assessore regionale alla Sanità Ruggero Razza, che si è recato all’ospedale di Sciacca incontrando la vittima dell’aggressione. Pronto soccorso che, dunque, sono sempre più vulnerabili, anche perché scoppiano letteralmente di pazienti in attesa, ma questa naturalmente non vuole essere una giustificazione ma il richiamo alla necessità di intervenire per migliorare l’organizzazione di aree di emergenza dove gli operatori sanitari loro malgrado sono ormai diventati i parafulmine della rabbia dei cittadini.