con Italia Viva di Matteo Renzi, e i magistrati della procura di Palermo Paolo Guido, Geri Ferrara e Francesca Dessì, gli stessi che indagano sul suo ex portaborse Antonello Nicosia, finito insieme al boss di Sciacca Accursio Dimino e ad altri tre imprenditori all'interno del vortice dell'inchiesta antimafia denominata “Passepartout”.
Anche se non indagata, il ruolo della Occhionero in questa vicenda si è rivelato comunque (più o meno indirettamente) fondamentale, perché è stato proprio grazie a lei, e alle sue prerogative, che Nicosia, da suo assistente parlamentare, poteva accedere tranquillamnete nei penitenziari italiani dove, secondo la ricostruzione della magistratura, poteva visitare i detenuti in regime di 41 bis portando poi fuori, ad altri soggetti contigui alla mafia, tutte le loro comunicazioni.
Accompagnata dal suo legale, l'avvocato Giovanni Bruno, Pina Occhionero (che non è indagata, e che al momento è stata sentita dai magistrati della Direzione Distrettuale Antimafia come persona informata sui fatti, dunque come testimone) ha ammesso di avere sbagliato a fidarsi di Antonello Nicosia: "Mi era stato presentato dai Radicali, veniva dal mondo dell'associazionismo, si diceva difensore dei diritti dei detenuti", ha spiegato. Aggiungendo poi di avere stabilito con lui anche un rapporto personale e di fiducia. Ma l'imprudenza più pesante della Occhionero, su cui i magistrati le hanno chiesto spiegazioni, ha riguardato la bizzarra disponibilità ad avvalersi delle prestazioni di un pregiudicato (Nicosia) con, dietro le spalle, una condanna a 10 anni e mezzo per traffico di droga. Si è giustificata, Pina Occhionero, evidenziando che alla Camera dei deputati non c'è alcun controllo, e che dunque non capisce perché avrebbe dovuto controllare. I dubbi, però, a quanto pare, poi le sono venuti. A non convincerla, in particolare, sarebbe stata l'indicazione, contenuta nel curriculum di Nicosia, di essere un insegnante di storia della mafia all'università californiana di Santa Barbara. E' stato quello il momento in cui i rapporti si sono diradati. Ma il rapporto di fiducia e di confidenza tra Nicosia e Pina Occhionero era di tale livello che ad un certo punto, riferendosi all'ex consigliere di Castelvetrano Santo Sacco, in carcere per mafia, considerato un fiancheggiatore del superboss latitante Matteo Messina Denaro, Antonello Nicosia invita la deputata, che evidentemente aveva manifestato qualche riserva, ad assumere un atteggiamento di superiore prudenza. È quanto si evince da un'intercettazione a dir poco impressionante.
Non solo il consiglio di non parlare a vanvera su Santo Sacco, ma sono stati diversi i rimproveri che Nicosia si permetteva di fare ad una parlamentare della Repubblica, quando si parlava di mafiosi. Sotto la lente di ingrandimento dei magistrati sono finite in particolare quattro visite nei penitenziari di Nicosia e Pina Occhionero. Visite accertate in pochi giorni: il 21 dicembre 2018 a Sciacca, il giorno dopo a Trapani e ad Agrigento, i 1° febbraio a Tolmezzo (Udine), casa circondariale dove si trova recluso Filippo Guttadauro, cognato di Messina Denaro.