Alberto Davico ha convalidato tutti e cinque i fermi disposti dalla procura della Repubblica di Palermo nei confronti di Antonello Nicosia, Accursio Dimino, i gemelli Luigi e Paolo Ciaccio e Massimiliano Mandracchia. Sì, dunque, del primo giudice chiamato a pronunciarsi alla richiesta di custodia cautelare in carcere avanzata dai PM della DDA di Palermo Paolo Guido (che è anche procuratore aggiunto) Geri Ferrara e Francesca Dessì. Il giudice Davico in particolare ha ravvisato sussistenti non solo il pericolo di fuga da parte degli indagati, ma anche il rischio di reiterazione dei reati contestati di associazione mafiosa (per Nicosia e Dimino) e di favoreggiamento aggravato per gli altri tre soggetti finiti nella rete dell'operazione “Passepartout”.
Il carteggio adesso passa a Palermo, presso quegli uffici giudiziari, competenti per fatti di mafia, e un altro giudice esaminerà nuovamente tutti gli atti, che al momento hanno comunque avuto un via libera piuttosto importante, quello del Tribunale di Sciacca, ufficio ricadente nel territorio dove si sarebbero svolti i fatti finiti sotto la lente d'ingrandimento di inquirenti ed investigatori.
Il giudice Davico parla, nel suo provvedimento, di “infiltrazioni gravissime di Cosa nostra negli apparati dello Stato, strumentalizzati per fini apparentemente nobili (chiaro il riferimento all'accertamento delle condizioni dei detenuti e della tutela dei loro diritti in carcere), in realtà – aggiunge il gip - volte ad alleggerire il rigore della detenzione dei mafiosi”.
Gip che poi, pur sospendendo il giudizio finale sull'onorevole Giusy Occhionero, non fa nessuno sconto alla parlamentare, la stessa che aveva assunto Antonello Nicosia come suo portaborse, facendosi accompagnare da lui nelle ispezioni presso i penitenziari, dove – secondo la procura – Nicosia incontrava detenuti sottoposti al regime del 41 bis facendosi dare messaggi da veicolare all'esterno, presso i mafiosi a piede libero considerati nell'orbita del superboss latitante Matteo Messina Denaro.
Non avendo fatto alcun controllo sul passato di Antonello Nicosia (controllo che le avrebbe permesso di appurare che stava assumendo un pregiudicato con una condanna dietro le spalle a 10 anni e mezzo di carcere per traffico di droga) l'onorevole Occhionero ha dimostrato, secondo il magistrato, o “un grave difetto di consapevolezza” oppure (peggio ancora) “una connivenza“. E, insomma, malgrado la deputata (eletta con Liberi e Uguali, oggi transitata in Italia Viva) continui a non essere ancora ufficialmente indagata, il commento sul suo operato da parte del gip, indicato nero su bianco nel suo provvedimento, è a dir poco impietoso e pesante come un macigno. Il dottor Davico, in particolare, ha sottolineato infatti che “tramite un messaggio proveniente dalle carceri, può essere ben ordinato un omicidio e garantita l’operatività di Cosa nostra, cosa che giustifica per l'appunto la detenzione al carcere duro”. Fin qui dunque la posizione di Nicosia. La conferma dei provvedimenti di fermo operati da Carabinieri e Guardia di Finanza anche per il boss Accursio Dimino, detto “Matiseddu”, e per gli altri tre indagati, confermano l'impianto accusatorio della procura di Palermo. Al momento dunque non sono state prese in considerazione le giustificazioni degli indagati, a partire da quelle di Antonello Nicosia, che ha spiegato come, di fatto, fosse solo un millantatore, vantando un potere che in realtà non aveva. Dimino, invece, ha respinto le accuse dicendosi estraneo a Cosa nostra. E mentre Mandracchia ha detto di essersi limitato a prestare il suo cellulare al boss, i fratelli Ciaccio hanno preferito avvalersi della facoltà di non rispondere. Inchiesta complessa, che ha visto scattare i fermi sulla base del rischio che gli indagati fuggissero. Accursio Dimino, in particolare, pare che volesse andare in America per un lavoro che, nei suoi intenti, doveva ricompensarlo almeno con diecimila euro alla settimana.