non può non aprire una riflessione di ordine generale sulle prospettive future, a partire dal pericolo che si continui a volere perseguire una strada che si è già rivelata completamente sbagliata e “fuori mercato”. Così come, a questo punto, rischia di essere improduttiva anche la stessa via del bando pubblico, da più parti auspicata come panacea di tutti i mali. Insomma, diciamoci pure la verità: le Terme così come sono, in assenza di indicazioni chiare nei confronti del privato e, soprattutto, di interventi strutturali preliminari per rimetterle in sesto da parte del “pubblico”, probabilmente non interessano né interesseranno mai alcun imprenditore. Nessuno ha intenzione di buttare i propri soldi dalla finestra, e ci mancherebbe pure altro. Lo sa bene anche l'assessore all'Economia Gaetano Armao, che probabilmente messo all'angolo dalle pressioni politiche e dalla protesta civica, ha fatto l'ennesimo tentativo di testare il mercato. E il mercato ha dato la più impietosa delle risposte: il nulla. O quasi.
Un imprenditore manifesta interesse per qualcosa in cui vede possibilità di sviluppo e di ricchezza. Se non lo fa siamo tutti costretti a farci qualche domanda. Se qualche società ha chiesto un negoziato diretto con la Regione ci sarà stato un motivo. Se lo ha fatto ha sancito la vacuità di un avviso pubblico di appena una paginetta, quattro righe in fila in italiano forbito, forse interessante per un concorso di estetica lessicale, non certo per chi è chiamato a fare un investimento economico. La sensazione è che si sia punto e accapo. Questo patrimonio, ormai in disuso, abbandonato, vetusto e da cinque anni con i fanghi cementificati non può risorgere dall'oggi al domani attraverso una manifestazione d'interesse, ma nemmeno con un bando pubblico.
Forse, affermano gli esperti, solo un accordo di programma quadro che coinvolga Stato, Regione e Comune (e perché no anche Italia Turismo) da una parte, e l'imprenditore privato dall'altra parte, potrebbe salvare le Terme. Sulla falsariga dell'investimento di Rocco Forte. Questa la svolta necessaria. Che richiede un impegno unitario da parte della classe politica, a partire da quella parlamentare. Ma un impegno unitario in difesa di un territorio richiede senso della cooperazione che la politica odierna, niente più che litigiosa, non sembra in grado di garantire. E così, sulle Terme, anche il bando (e con esso i tempi che saranno necessari per appurare l'ennesimo nulla di fatto) rischia solo di aumentare la confusione e la frustrazione di un territorio sempre più depresso e arrabbiato.
Come si fa a negare che le Terme Selinuntine di Sciacca oggi siano “fuori mercato”? Come si può immaginare che arrivi un salvatore della patria solo disposto a tentare di riesumare una struttura che, così com'è, non fornisce alcuna garanzia di remunerazione dell'investimento effettuato? Perché è chiaro che solo la modernizzazione delle Terme, e il loro approdo nell'universo del turismo del benessere e del fitness può suscitare l'interesse reale di un privato che, però, se investe, ne vuole (giustamente) anche i benefici. Per cosa l'imprenditore avrebbe dovuto manifestare interesse? Queste Terme così come sono non apriranno mai la porta all'amato e odiato business. Neanche uno sceicco disponibile a dilapidare i suoi soldi investirebbe su Sciacca. Altro che manifestazione d'interesse. Forse bisognerebbe animare il mercato proponendo degli incentivi. Sì, probabilmente si teme che questo confligga con la norma contro gli aiuti di Stato. Ma, a questo punto, tentare non nuoce, perché siamo proprio all'ultima spiaggia.