fu per una visita al carcere Pagliarelli di Palermo. La deputata nazionale lo presentò alla Polizia penitenziaria come un suo assistente parlamentare. I magistrati dell'antimafia però avrebbero appurato che disse una bugia, perché in quella circostanza tra i due non c'era ancora alcun rapporto di collaborazione, cosa che sarebbe stata formalizzata soltanto in un momento successivo. È questo uno dei punti nodali dell'inchiesta condotta dal procuratore aggiunto della Direzione distrettuale antimafia di Palermo Paolo Guido e dai sostituti Geri Ferrara e Francesca Dessì. Inchiesta culminata, nei mesi scorsi, con l'arresto di Antonello Nicosia e del boss di Sciacca Accursio Dimino nonché di tre presunti loro favoreggiatori: i gemelli Paolo e Luigi Ciaccio e Massimiliano Mandracchia.
I pubblici ministeri hanno notificato l'avviso di conclusione delle indagini agli indagati. Il prossimo passaggio verosimilmente sarà la richiesta di rinvio a giudizio nei loro confronti. La Occhionero, eletta con Liberi e Uguali poi transitata nel gruppo parlamentare di Italia Viva, è accusata di falso. Secondo i magistrati, Nicosia avrebbe pilotato – ad insaputa della deputata – le visite in alcuni istituti penitenziari, per incontrare detenuti vicini al superlatitante Matteo Messina Denaro, che lui chiamava “il primo ministro”, facendosi in qualche modo messaggero di notizie da veicolare all'esterno. La stessa Giusy Occhionero ai magistrati ha dichiarato di essere stata ingannata, ammettendo come fosse Nicosia a scegliere gli istituti penitenziari in cui effettuare le visite ispettive, chiarendo così che nel corso delle visite in questione, mentre lei era impegnata nel giro tra sezioni e celle ad acquisire informazioni dal personale della polizia penitenziaria, capitava che Nicosia si allontanasse e avesse così occasione di dialogare con i detenuti. E, così come la DDA ha ricostruito proprio sulla base delle dichiarazioni della stessa parlamentare, nel carcere di Trapani Nicosia parlò con uno dei postini di Messina Denaro, l’ex sindacalista Santo Sacco. Ecco perché la procura considera la collaborazione tra Nicosia e la Occhionero un escamotage per fare ingresso nelle carceri». Secondo l'indagine Antonello Nicosia, un tempo vicino ai Radicali, avrebbe avuto una doppia vita: in Tv parlava di legalità e diritti dei detenuti, ma le intercettazioni disposte dagli inquirenti, tra le altre cose rivelarono anche insulti a Giovanni Falcone e una indisposizione per l'intitolazione dell'aeroporto di Palermo a Falcone e Borsellino. La tesi difensiva di Antonello Nicosia è stata quella di avere millantato un potere di cui non disponeva e, dunque, di essersi inventato tutte le cose che diceva e che sono finite nelle intercettazioni che lo riguardano; quella di Accursio Dimino, invece, di non avere più alcun ruolo all'interno di Cosa nostra, essendone uscito dopo l'espiazione dell'ultima condanna. Inquirenti e investigatori ritengono però che il contenuto delle intercettazioni acquisite agli atti nel corso dell'inchiesta inchiodino i protagonisti di questa vicenda alle loro responsabilità, in un quadro generale nel quale Dimino e Nicosia sono accusati di essersi occupati di affari illeciti in forme sistematiche di controllo del territorio tipiche del fenomeno mafioso pur in quello che veniva considerato dagli stessi magistrati come un momento di assoluta difficoltà della cosca saccense. Secondo gli inquirenti, inoltre, i due avrebbero progettato perfino un omicidio, quello di un imprenditore di Sciacca, da fare fuori (secondo le intercettazioni) in Marocco. Ancora, Dimino viene considerato al centro di presunti suoi interessi negli Stati Uniti.