pronunciata nell'ambito del processo stralcio a suo carico, celebrato col rito abbreviato, quello che, come d'altronde era venuto fuori anche nel precedente procedimento di primo grado, lo ha dichiarato ancora una volta estraneo alla trattativa Stato-mafia. Per la terza volta, dunque, dopo le assoluzioni nei processi precedenti, Mannino dovrà tornare davanti la Suprema corte. Cassazione che però non potrà più entrare nel fatto contestato, ma stabilire solo la conformità della sentenza alla legge.
L'assoluzione impugnata dalla procura è dello scorso mese di luglio. Mannino è stato chiamato a difendersi dall'accusa di minaccia a Corpo politico dello Stato. La procura di Palermo ne aveva chiesto la condanna a 9 anni sostenendo come, temendo per la sua vita (dopo gli omicidi del maresciallo Guazzelli e dell'europarlamentare DC Salvo Lima) Mannino avesse dato l’input decisivo per quella che sarebbe poi diventata la Trattativa tra pezzi delle Stato e Cosa nostra. Ma anche la corte d'appello, come aveva fatto quattro anni prima il Gup Marina Petruzzella,, ha respinto questa ricostruzione. Nella motivazione della sentenza assolutoria di sette mesi fa, i giudici parlarono di “ricostruzioni illogiche e remote illazioni”, in pratica ha definito indimostrabili le accuse della procura. La procura generale però insiste, tornando ad affermare la possibilità di sostenere, in fatto e soprattutto in diritto, l'esistenza di un accordo tra boss e pezzi delle istituzioni.
Nel processo principale, in primo grado, sono stati condannati a 28 anni Leoluca Bagarella, a 12 anni gli ex vertici del Ros Mori e Subranni nonché l'ex senatore Marcello Dell’Utri e Antonino Cinà, il medico di Riina, a otto anni l’ex capitano dei carabinieri Giuseppe De Donno, a 8 (per calunnia) Massimo Ciancimino. Assolto l'ex ministro Mancino.