Ieri la Chiesa ha ricordato il trionfale ingresso di Gesù a Gerusalemme in sella a un asino, osannato dalla folla che lo ha accolto agitando rami di palma e di ulivo.
In ricordo di quel momento, la liturgia della Domenica delle Palme spesso è anticipata da un rito: la benedizione dei rami di ulivo o di palma, che avviene fuori dalla chiesa. Dalle nostre parti, tradizione vuole che le palme vengano intrecciate a mo' di canestrini o altre forme, da conservare in casa come simbolo della pace o da regalare ad amici e parenti. Solitamente si dà, poi, inizio ad una processione fino al rientro in parrocchia, dove viene celebrata la santa messa con la lunga lettura della Passione di Gesù. La domenica delle Palme è, infatti, anche detta “De Passione Domini”.
Di scelte di vita, di amore verso il prossimo, di misericordia e di speranza ha parlato ieri l'Arcivescovo Francesco Montenegro, che ha invitato gli agrigentini a pregare anche per quello che accade nel mondo, dai recenti attentati, alle bombe, alle armi chimiche. “Non sono storie di altri – ha detto Don Franco – ma di nostri fratelli e mentre guardiamo l'innocente sulla Croce pensiamo alle altre persone che hanno perso la loro vita senza averne colpa”.
L'arcivescovo di Agrigento ha quindi richiamato tutti al vero significato della Pasqua e della Comunità. E per concretizzare le sue parole, Montenegro ha portato una novità nell'arcidiocesi. Da quest'anno, niente riti pasquali nelle “Rettorie”, ma solo nelle chiese parrocchiali. Secondo le disposizioni della Curia, infatti, il triduo pasquale sarà celebrato presso la parrocchia più vicino alla rettoria. Una decisione che mira a concentrare i fedeli nelle chiese parrocchiali.
A Sciacca, ad esempio, nella chiesa del Giglio e del Sacro Cuore, entrambri rettorati, non verranno celebrate le liturgie del Giovedì, del Venerdì e del Sabato Santo. I fedeli confluiranno, quindi, alla Parrocchia di appartenenza, ovvero a quella di San Michele. Una decisione che diversi frequentati del Giglio, però, non condividono.